Dopo aver lasciato Jodhpur e le delizie dell’homestay di Chhottaram ci siamo diretti alla nostra prossima tappa: Mount Abu. E’ una famosa località di villeggiatura per gli indiani, e ci hanno detto che era un bellissimo posto dove andare. C’è la foresta, ci sono le “montagne”…
Noi non eravamo convinti che ci sarebbe piaciuto, perché preferiamo stare lontani dal troppo turismo. Alla fine abbiamo scoperto che avevamo ragione noi. Ma prima spendiamo due righe su Mount Abu.
Mount Abu: famosa località di villeggiatura per gli indiani
Mount Abu è una piccola cittadina dove un sacco di indiani vanno a trascorrere qualche giorno di vacanza. Si trova in una zona costellata di alte colline o di basse montagne, a seconda dei gusti. E’ una zona coperta di foreste, una macchia verde circondata dal giallo desertico del resto del Rajasthan.
Ci sono diversi sentieri e passeggiate intorno alla cittadina e in mezzo al bosco. Ci sono alcuni templi e alcuni edifici storici (dopo parlerò dei più importanti). Ci sono un sacco di scimmie e di altri animali. Insomma, un ambiente bucolico e piacevole.
Mount Abu è particolarmente frequentata da coppie in viaggio di nozze, e probabilmente anche da coppiette in generale. Diversi alberghi hanno specifiche regole che vietano la prenotazione a coppie non sposate!
E’ anche una zona dove abbondano gli alcolici, e questo attira tantissimi visitatori dal vicino Gujarat, dove invece l’alcol è vietato quasi ovunque. Gli stessi alberghi di prima spesso vietano la prenotazione a persone che arrivano lì per addii al celibato e al nubilato.
Arrivare a Mount Abu: iniziano i problemi
Il primo indizio che questa avventura poteva andare peggio delle altre è arrivato già scesi dal treno. La stazione di Abu Road si trova in pianura, mentre Mount Abu si trova in cima a una collina, dopo una lunga strada piena di curve.
Come arrivarci? Il modo più semplice è prendere un taxi, ma secondo Alessia costava troppo. Il modo più economico è prendere un autobus, ma non avevamo idea dei tempi che ci avrebbe messo. La via di mezzo è prendere un taxi collettivo, ed è quello che abbiamo fatto.
Non è stato un processo semplice, abbiamo imparato al momento. E il taxi collettivo non parte finché i posti non sono pieni, quindi ci siamo armati di pazienza e abbiamo aspettato che l’autista raccattasse altri clienti. Alla fine eravamo circa una decina di passeggeri.
Il viaggio è stato un po’ avventuroso, e la strada tortuosa. I nostri zaini erano caricati sul tetto, e potevamo solo sperare che non volassero via ad ogni curva stretta. Ma alla fine, dopo qualche ora dal nostro arrivo ad Abu Road, siamo arrivati a destinazione.
Impressioni di Mount Abu: la Cortina dei poveri
Abbiamo sentito descrivere Mount Abu come “la Cortina dei poveri” e mi sento di dire che la definizione è molto azzeccata.
Come Cortina si trova in montagna, ma le montagne di Cortina… vabbè non c’è confronto. Si vede da subito che è un villaggio che è stato stravolto dal turismo, e ripensato per accogliere le persone che arrivano per stare qualche giorno.
Gli edifici sono letteralmente costellati di cartelli che indicano hotel, ostelli, pensioni, resort… Sono tantissimi, uno attaccato all’altro, alcuni abbastanza inquietanti, come il “Svastik hotel”, un nome che da noi non possiamo usare per ovvi motivi.
Il resto dello spazio è occupato da negozi, ristoranti, locali di ogni tipo, tutti dedicati al turista di passaggio. E tanti, tanti negozi di alcolici, sempre molto frequentati.
Insomma, la prima impressione di Mount Abu non è stata molto esaltante. E quelle successive hanno solo confermato quello che pensavamo.
La Cortina dei poveri è una cittadina bruttina, che per noi aveva ben pochi motivi di interesse. E con il passare del tempo le cose non sarebbero migliorate…
Dormire a Mount Abu: una esperienza non per tutti
Abbiamo prenotato la camera a Mount Abu seguendo il consiglio di una coppia di ragazzi italiani conosciuti a Jodhpur. Ci avevano avvisati che era una sistemazione basica e “decentemente pulita”. Forse siamo ancora troppo delicati per la vera India, perché è stata una delle sistemazioni peggiori che abbiamo trovato.
L’albergo sembrava un brutto motel già da fuori, ma gli abbiamo dato il beneficio del dubbio perché avevano un labrador adorabile e un gattone bianco che dormiva in reception.
La stanza era… non molto buona, per usare un eufemismo. Mobili molto vecchi, letto abbastanza scomodo, lenzuola da non guardare troppo da vicino. Abbiamo dormito nei nostri fidati sacchi letto, che erano rimasti inutilizzati per quasi un mese.
Interessante la soluzione architettonica dal lavello fuori dal bagno, e dal bagno rialzato rispetto al resto della camera di 40 centimetri buoni, per motivi che mi sfuggono.
Montagna = freddo
Il titolo dice tutto: Mount Abu si trova a 1.200 metri di quota, quindi definirla una località di montagna dipende dalla vostra definizione di “montagna”. Ma è abbastanza per sentire la differenza di temperatura con la pianura.
L’India a dicembre è più fredda di quanto pensavamo, e arrivare a Mount Abu ha fatto abbassare ancora di più le temperature.
Già alle cinque del pomeriggio l’aria ha iniziato a diventare frizzantina, e più il tempo passava e più sentivamo il freddo. Alessia in particolare lo soffre molto, e ha iniziato ad accumulare strati di vestiti.
Quando siamo arrivati a sera siamo andati a mangiare appena possibile, e poi siamo tornati dritti in camera. Purtroppo gli alberghi e le case indiane spesso mancano di qualcosa che noi diamo per scontato: un impianto di riscaldamento. Hanno così poco freddo durante l’anno che lo considerano un lusso inutile. E così l’unica soluzione è stata infilarsi sotto le coperte in una stanza gelida.
L’unico motivo di andare a Mount Abu: templi di Dilwara
Dopo tante righe a parlare male di Mount Abu la domanda è: cosa ci siamo andati a fare?E la risposta è una sola: vedere i templi di Dilwara.
Dilwara ospita un piccolo complesso di templi jainisti molto famoso. I templi sono riccamente e finemente decorati di sculture. Sono uno spettacolo che ci ha lasciato stupefatti, nonostante le aspettative.
Centinaia di colonne piene di bassorilievi, e decine e decine di motivi decorativi diversi utilizzati sul soffitto. La zona centrale dei templi, la cupola più alta, era una distesa di sculture, statue, simboli che potevi ammirare per lunghi minuti senza stancarti.
Solo due templi erano davvero grandi e decorati, ma da soli valevano tutto il viaggio e tutto il bruttume che abbiamo visto prima di arrivarci.
Non provo neppure a descrivere quello che abbiamo visto. Questo è uno dei casi in cui si dice “un’immagine vale 1.000 parole”. Peccato che… a Dilwara non si possono fare fotografie. Devi lasciare cellulari e macchine fotografiche all’ingresso. Per fortuna lo sapevamo, altrimenti sarebbe stata una delusione fortissima.
Da un lato ci dispiace perché avremmo voluto avere un ricordo da portarci via, e delle foto da usare per questo post.
D’altro lato stare senza cellulare ci ha “costretto” a concentrarci sul momento. Abbiamo pensato solo a guardare le decorazioni, ad esplorare i templi in cerca delle sculture più belle, a perdersi ammirando le figure e le composizioni create secoli fa da artisti che lavoravano con strumenti rudimentali per fare dei capolavori.
Vedi Mount Abu e poi… te ne vai
Ci sono bastate poche ore per decidere che Mount Abu non faceva per noi. Avremmo potuto facilmente prenotare per un’altra notte e continuare con il nostro viaggio in modalità slow ma… in questo caso abbiamo accelerato.
Stare un giorno è stato più che sufficiente per vedere quello che ci interessava, e per fare tante alcune interessanti ma che è meglio non ripetere.
Diciamo che nei nostri ricordi Mount Abu rimane come una esperienza da raccontare, ma non da consigliare. A meno che non vogliate fare una immersione profonda nell’estetica e negli standard di pulizia indiani.