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Meditare a Bodhgaya sotto l’albero di Buddha

Nei nostri viaggi nell’India ci siamo spinti in Bihar solo una volta, per andare a Bodhgaya. Perché siamo andati a Bodhgaya? Perché c’è un albero. Ma non un albero qualunque…

La storia del fico di Bodhgaya

L’albero famoso di Bodhgaya è un albero di fico. Sotto quel fico, 2.500 anni fa, si è fermato un uomo. E’ stato per giorni interi a meditare, dopo un lungo percorso di crescita spirituale. A

l culmine di quel percorso, dopo una meditazione profondissima, quell’uomo ha avuto un momento di illuminazione che lo avrebbe fatto diventare il Buddha, l’illuminato.

Il tempio di Bodhgaya 

Da quel momento l’albero è diventato uno dei posti più importanti per i seguaci di Buddha, e pochi secoli dopo l’imperatore Ashoka ha fatto costruire un grande tempio, proprio a fianco dell’albero. Questo tempio è diventato meta di pellegrinaggi e ancora oggi viene visitato ogni giorno da migliaia di buddisti da ogni parte del mondo.

Oltre al grande tempio c’è un cortile pavimentato in marmo tutto intorno, un grande parco pieno di tombe, capitelli, statue e altri simboli buddisti, e poi altri parchi tutto intorno, una grande vasca di acqua con i pesci, un giardino per la meditazione, e tanto altro ancora.

Ma al centro di tutto c’è ancora questo albero di fico. L’albero è enorme, con un tronco possente e dei rami titanici che si allargano intorno, così pesanti che sono sostenuti da delle colonne. La chioma si estende per una ventina di metri tutto intorno, e sotto la sua ombra possono sedersi centinaia di persone in meditazione.

I buddisti intorno all’albero di Buddha

E infatti questo è quello che succede ogni giorno. intorno all’albero c’è un continuo viavai di pellegrini e buddisti da tutto il mondo. Con il tempo la dottrina buddista di è sviluppata in tante versioni diverse, e ognuno porta a Bodhgaya i suoi modi di vestire, meditare, credere.

Ci sono i monaci con la veste color ocra, e quelli con la veste arancione. Ci sono quelli che sgranano mantra a tutta velocità, e quelli che rimangono seduti immobili per ore. Ci sono quelli che camminano recitando preghiere, e quelli che leggono da grandi libri. Ci sono quelli che mescolano riso e sassolini, e quelli che cantano qualche nenia misteriosa.

Insomma, sotto l’albero succedono un sacco di cose e si vedono un sacco di cose.

Meditare sotto l’albero dove Buddha ha raggiunto l’illuminazione

Ovviamente anche noi abbiamo voluto provare a meditare sotto l’albero di Buddha. Se è andato bene a lui, magari poteva aiutare anche noi. E un monaco buddista ci ha detto che stare sotto i suoi rami aiutava a stare in pace con se stessi e con il mondo.

Siccome siamo stati a Bodhgaya per diversi giorni, abbiamo provato a meditare sotto l’albero diverse volte, un pò a tutte le ore. La mattina con la rugiada della notte per terra, in un pomeriggio di sole, una sera affaticati e infreddoliti.

I risultati sono stati… misti.

Alessia mi ha detto che lei si è sentita effettivamente serena sotto l’albero di Buddha, e ha meditato bene nonostante le persone, il trambusto e il rumore.
Io ho fatto del mio meglio, ma non sono riuscito a fare altrettanto bene. Meditare con la gente intorno non è ancora qualcosa che riesco a fare bene.
Mi distraggo, mi innvervosisco, e vorrei dire loro di piantarla di fare tutto questo baccano, che qui c’è gente che cerca di illuminarsi!

Ma, anche se l’albero non mi ha aiutato nella pratica, mi ha dato lo stesso un momento molto buddista e profondo.

La lezione buddista che mi ha dato l’albero di Buddha

Abbiamo pensato che una foglia dell’albero di Buddha sarebbe stato un bel ricordo da portare con noi. Non vale strapparla dall’albero (anzi, se ci provi ti prendi un sacco di rimproveri); vale solo se riesci a prendere una foglia caduta naturalmente.

Mentre eravamo sotto il fico durante la nostra prima visita, ho visto una foglia sfarfallare a terra, e finire in un angolo. Sono arrivato per primo e l’ho raccolta. 
Al primo tentativo, e subito abbiamo avuto quello che volevamo,

Ma a me piace avere backup e riserve. Magari sarebbe stato meglio avere un’altra foglia, per sicurezza. Così ad ogni visita ho provato a raccogliere un’altra foglia. Ho provato, e provato, e provato, ma non c’è stato niente da fare. Ogni volta qualcun altro era più vicino e mi ha preceduto, spesso quasi senza volerlo, con le foglie che gli finivano in testa.

In diversi momenti mi sono un po’ arrabbiato, fino a che ho avuto la mia piccola illuminazione. Potevo arrabbiarmi, o potevo prenderla come una lezione buddista.
Non avevo bisogno di quella foglia. Era un desiderio, un attaccamento, e mi ha portato solo negatività e danno. Se non avessi avuto quel desiderio sarei stato meglio.

Ecco la base di tutta la filosofia buddista: desideri e attaccamenti sono la causa del dukkha, della “sofferenza” o “insoddisfazione”. Per essere felici (e raggiungere il nirvana) bisogna imparare ad abbandonare questi desideri.
E l’albero mi ha insegnato in modo diretto e pratico come questi desideri facciano male e siano inutili. Grazie, fico di Buddha!

Altre cose memorabili di Bodhgaya (secondo me)

Bodhgaya è quasi solo il tempio e l’albero buddisti, ma noi abbiamo trovato qualcos’altro di memorabile in città. Stiamo parlando, ovviamente, del cibo.

Nel bazar intorno al tempio ci sono un sacco di pietanze strane da provare, in carretti e baracchini che sembrano poco raccomandabili ma che fanno del cibo delizioso. Basta stare attenti alle solite cose: guardare dove mangiano in locali, cibo preparato al momento, scegliere specialisti che fanno una sola cosa, ma bene.

Girando nelle stradine intorno al nostro albergo ho visto delle signore impegnate a cucinare qualcosa su delle grandi piastre roventi. Era il pane tibetano, una specie di focaccia morbida di cui mi sono innamorato subito. Da quella sera, almeno una volta al giorno ho fatto un giro in quell’angolo di Bodhgaya a comprarmi la mia pagnottina, al folle prezzo di 10 rupie (11 centesimi).

E nell’area del mercato un po’ più lontano dal tempio abbiamo scoperto per caso un’altra chicca nascosta. Una sera abbiamo visto un baracchino con una piccola vetrina, piena di bellissime torte. Ci siamo ovviamente fermati per un dessert prima di tornare in albergo. Le torte erano buonissime, cucinate alla perfezione, le fette erano enormi, e costavano pochissimo. 

Bodhgaya è stata una delle nostre tappe più interessanti, e merita una visita da parte di ogni viaggiatore che si trovi nel nord est dell’India.

2 commenti su “Meditare a Bodhgaya sotto l’albero di Buddha”

  1. Hai sperimentato che anche altre “religioni” contengono perle di saggezza che possono aiutarci ad affrontare i problemi quotidiani. Da sempre diversi filosofi (greci e romani ad esempio) ci danno questi suggerimenti ed in ogni caso potrebbero essere utili anche per un manager. Ciao

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