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La nostra giornata in un monastero buddista (futuro) a Bodhgaya

Un incontro fortuito con un monaco

Eravamo a Bodhgaya, e dopo una giornata al freddo ci siamo fermati qualche minuto a prendere un chai, in un baracchino poco raccomandabile lungo la strada. Di fianco a noi si è seduto un monaco buddista grande e grosso, e ci siamo fermati qualche minuto a parlare.

Quando abbiamo finito il chai ci ha invitato a visitare il suo tempio, promettendoci anche il pranzo.
Ed ecco come è iniziata una nuova avventura

Il “tempio” non è come ce lo aspettiamo

La giornata è iniziata in modo strano già dall’inizio. Non avevamo un indirizzo preciso a cui andare, ma credevo di avere un’idea di massima.
Poi è arrivata la chiamata del monaco: meglio prendere un tuk tuk, e meglio che lo chiamo prima di partire, così gli spiega bene dove andare.

Prendiamo tuk tuk, ci accordiamo sul prezzo mostrando l’indirizzo, chiamo. Dopo una lunga conversazione, il prezzo cambia perché “è molto lontano”. Ma teniamo duro, e alla fine si parte.
Pian piano ci allontaniamo dal centro di Bodhgaya e iniziamo a prendere stradine sempre più strane, sempre più fuori mano. Alla fine siamo in piena campagna, e intorno a noi non c’è quasi niente. Ma dove diavolo è questo tempio?

Il tuk tuk si ferma, e indica un cantiere che sembra abbandonato. C’è qualche muro, dei mattoni sparsi, e poco altro… E da un foro sulla parete spunta la testa del nostro amico monaco che ci saluta. Siamo arrivati.

Dentro è anche peggio. Il monastero è più nei progetti dei monaci che in quello che vediamo.
Le pareti esterne sono la parte più avanzata del cantiere insieme alle fondamenta. Dentro è tutto aperto, tutto al grezzo poco avanzato, tondini di ferro, mucchi di sabbia e mattoni dappertutto.

Le “stanze” dei monaci sono tre mura con delle lamiere buttate sopra a fare da copertura, e la stanza centrale fa anche da tempio, con una specie di altare molto approssimato. E in quella stanza ci siamo sistemati anche noi.

Una giornata in un monastero buddista

Ci siamo seduti sul “letto” del monaco, che era poco più di una tavola con sopra un lenzuolo. In quanto tempo possiamo scappare accampando una scusa?

Seguono un paio di ore abbastanza surreali. Il monaco ci bada ma fino a un certo punto, e ci ha invitato lui! Sa molto meno inglese di quanto pensassi, quindi anche comunicare non è molto semplice. 

Quindi cosa abbiamo fatto?
Ci siamo guardati intorno, chiedendoci in cosa eravamo capitati. Li ho aiutati con la loro scheda Google Maps, per spiegare come funziona, come aggiungere foto, renderla più visibile. Ci siamo presi una specie di benedizione buddista, con il monaco che ha recitato una preghiera dopo aver acceso un microfono con riverbero. Insomma, un po’ una commedia dell’assurdo.

Verso mezzogiorno è arrivato il pranzo, preparato da una signora che passa ogni giorno a cucinare per loro. Enormi quantità di riso, e della verdura molto piccante e saporita.

Stavamo pensando a come andarcene di corsa, ma a quel punto la giornata è un pò cambiata. Il capo monaco è andato via per un appuntamento non meglio specificato, e noi ci siamo trovati a parlare con un giovane monaco, Amit. Abbiamo chiacchierato a lungo parlando di buddismo, di india, di lavoro, di matrimoni e di un sacco di altre cose.

I progetti di un monastero buddista

Ci hanno raccontato i progetti per il futuro monastero. Difficile immaginarselo adesso che c’è così poco, ma ammiriamo la loro fede.

Si trova nella campagna fuori Bodhgaya, a 2,5 km dal tempio. Questo è importante, perché non si può costruire vicino al tempio, e potrebbero costruire una specie di tangenziale intorno alla città, e requisire e distruggere tutti gli edifici nel percorso.
Il terreno è in mezzo a una risaia, quindi hanno dovuto lavorare moltissimo sulle fondamenta, mentre di solito gli edifici indiani in questo sono molto scarsi.

Per ora c’è un solo piano in lavorazione, ma nei progetti potrebbe arrivare ad avere fino a 4 piani. Come tutti gli edifici indiani è costruito in diverse fasi, ogni piano ha la predisposizione per la costruzione del piano successivo, una terrazza e pilastri e tondini già pronti, non un tetto vero e proprio.

Ora stanno costruendo le stanze dei monaci, così almeno avranno un po ‘ di riparo dal caldo, dal freddo e dall’umidità impressionante che c’è in estate. 

A seguire lavoreranno su altre stanze per ospiti laici e semplici visitatori, mentre il resto dello spazio sarà un’area comune, un cortile dove passeggiare, meditare, fare lezione…

Il nostro contributo al monastero buddista

Dopo una lunga giornata passata a chiacchierare con il monaco Amit, è arrivato il momento di andarsene prima che il sole scenda.

Abbiamo deciso di dare un piccolo contributo al monastero, di dare anche noi il nostro mattoncino al grande edificio che hanno in mente.

Il tutto è diventato una cosa molto seria, con una grossa ricevuta, e con la consegna della donazione che è stata immortalata in numerose foto che poi saranno finite in qualche post Facebook. 

Le foto le ha fatte la signora che ci ha preparato il pranzo. Non ha mai usato l’iPhone, e non ha mai fatto una foto da cellulare in vita sua. Ma ci ha messo tutto il suo impegno.

Siamo tornati in strada che il sole iniziava a scendere, e ci siamo incamminati verso la città. Ci siamo girati e Amit era davanti al futuro monastero, a farci grandi cenni di saluto. Chissà, forse torneremo tra qualche anno a vedere se sono riusciti a costruire il loro sogno.

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